martedì 18 dicembre 2007

MAURIZIO PALLANTE: La decrescita felice

Oggi vi voglio presentare il punto di vista qualificato di uno specialista del settore:

MAURIZIO PALLANTE (Roma, 1947), laureato in lettere, consulente del Ministero dell'Ambiente per l'efficienza energetica, principalmente attivo come saggista.
Fondatore con Mario Palazzetti, Tullio Regge nel 1988 del Comitato per l’uso razionale dell’energia (CURE). Svolge attività di ricerca e di pubblicazione saggistica nel campo del risparmio energetico e delle tecnologie ambientali.



LA DECRESCITA FELICE

Generalmente si crede che la crescita economica consista nella crescita dei beni materiali e immateriali che un sistema economico e produttivo mette a disposizione di una popolazione nel corso di un anno.

In realtà l'indicatore che si utilizza per misurarla, il prodotto interno lordo, si limita a calcolare,e non potrebbe fare diversamente, il valore monetario delle merci, cioè dei prodotti e dei servizi scambiati con denaro.
Il concetto di bene e il concetto di merce non sono equivalenti. Non tutti i beni sono merci e non tutte le merci sono beni.

Il libro di Maurizio Pallante "La Decresita Felice" edito nel 2005 da Editori Riuniti, ha un sottotitolo quanto mai esplicativo: La qualità della vita non dipende dal PIL.
Consiglio a tutti l'acquisto di questo interessante, breve ed illuminante volume, capace davvero di far conoscere un altro mondo. E magari capace di farvi cambiare il vostro.


L'INGANNO DI UN'ECONOMIA CHE SPACCIA LA QUANTITA' PER QUALITA'

E' il titolo della conferenza di Maurizio Pallante svoltasi il 10 aprile 2007 ad Avenza Carrara (MS).
Ve la segnalo qui di seguito e vi consiglio di guardarla ma soprattutto di ascoltarla con molta attenzione .. c'è molto da imparare!

Buona visione.

domenica 16 dicembre 2007

Bullismo

Con bullismo si indica un fenomeno sociale tipico delle classi scolastiche, in cui uno o più adolescenti perseguitano sistematicamente e con intenzionalità, con diverse pratiche, un ragazzo più debole. Il bullismo, per essere definito tale, deve presentare le seguenti caratteristiche: le prepotenze devono essere sistematiche ed intenzionali e solitamente è presente una asimmetria fra bullo e vittima .

Gli studi sul fenomeno si concentrano quasi esclusivamente sull'ambiente scolastico. Attualmente, da parte dei mass-media, il termine viene anche usato in maniera più ampia e generica, per riferirsi al teppismo e al vandalismo da parte degli studenti.


Il termine

In Scandinavia, dove hanno avuto inizio le primissime ricerche sul fenomeno, si usa il termine mobbing. Tuttavia, sia nel mondo anglosassone che in Italia, ci si riferisce unicamente ai fenomeni di prevaricazione interni all'ambiente di lavoro. Il mobbing sarebbe dunque il bullismo che avviene tra gli adulti e quello che avviene tra i minori. Entrambi i fenomeni presentano caratteristiche analoghe.
Interpretazioni fuorvianti del termine
Da segnalare la sfumatura inevitabilmente fuorviante del termine bullismo. Richiamando l'immagine classica dello studente cretino come non solo prepotente, ma anche dotato di atteggiamenti ribelli e in parte marginalizzato, il bullismo tenderebbe ad essere visto come una variante del vandalismo o del teppismo e quindi una forma di rifiuto delle regole della convivenza collettiva; o come una forma di violenza imposta da un singolo o un piccolo gruppo rispetto alla classe scolastica, sostanzialmente armonica.
Aspetti sociali
L'atteggiamento del bullo nei confronti del più debole, che spesso risiedono nell'invidia nei confronti delle vittime, invidia alimentata da un forte complesso adleriano d'inferiorità. Uno studente brillante, o con una famiglia molto agiata, è vittima del bullo che dimostra la sua superiorità nell'evidenziare i difetti fisici e/o caratteriali della vittima e renderla quindi inferiore, il tutto a vantaggio di una presunta, sconcertante ed irreale gratificazione.

Principali vittime del bullismo sono, secondo gli studi più tradizionali che incentrano l'attenzione sulle caratteristiche individuali, gli studenti di grossa corporatura e/o con i tipici tratti facciali da secchione (occhiali, pettinatura ordinata, abiti sobri), subito riconoscibili, o dal linguaggio molto educato e povero delle naturali inflessioni dialettali.
Studi più recenti, sia in Italia che in particolare in Giappone, ne sottolineano il carattere di comportamento di gruppo; il processo di designazione della vittima dipende dalle caratteristiche del gruppo e dai suoi processi, tipici dell'età evolutiva, di costruzione dell' identità e dall'assetto di potere del gruppo. Sarebbe più opportuno allora parlare di bullismi. Si può parlare di bullismo persecutorio quando la designazione è esterna al gruppo: in questo caso è in gioco la leadership del gruppo (della banda) e la designazione della vittima è più o meno casuale.
Si può parlare di un bullismo di inclusione (cfr. nonnismo) quando le vittime sono i piccoli che devono sottoporsi a persecuzioni perlopiù ritualizzate per essere ammesse nel gruppo. Si può infine parlare di un bullismo di esclusione (cfr ostracismo) laddove la vittima è interna al gruppo (in genere la classe scolastica) e viene umiliata e perseguitata in quanto considerata estranea alla cultura e al modello identitario prevalente nel gruppo.


Il bullismo può essere sia "diretto" che "indiretto". Il bullismo diretto consiste nel picchiare, prendere a calci e a pugni, spingere, dare pizzicotti, appropriarsi degli oggetti degli altri o rovinarli, minacciare, insultare, offendere, prendere in giro, esprimere pensieri razzisti sugli altri o rovinarli. Il bullismo di tipo indiretto invece si gioca più sul piano psicologico, meno visibile e più difficile da individuare, ma non è meno dannoso per la vittima di "turno".

Esempi di bullismo indiretto sono: l'esclusione dal gruppo dei coetanei, l'isolamento, l'uso di smorfie e gesti volgari, la diffusione di pettegolezzi e calunnie sul conto della vittima, il danneggiamento dei rapporti di amicizia.
A differenza di quanto si pensi, il bullismo è un fenomeno che riguarda sia maschi che femmine, ma nei due sessi si esprime in due modi differenti. I maschi mettono in atto soprattutto prepotenze di tipo diretto, come aggressioni fisiche e verbali. Le femmine, invece, utilizzano in genere modalità indirette di prevaricazione e le rivolgono prevalentemente ad altre femmine. Dalle notizie di stampa sembrerebbe, poi, che ci siano delle età a rischio di bullismo, poiché i soggetti coinvolti sono spesso o bambini tra gli 7-10 anni o ragazzi tra i 14-17 anni.

Il bullismo, a differenza del vandalismo e del teppismo, si presenta come una forma di violenza antitetica a quelle rivolte contro le istituzioni e i loro simboli (docenti o strutture scolastiche): queste ultime sarebbero estroverse, dove il bullismo è invece introverso, una sorta di cannibalismo psicologico interno al gruppo dei pari.

Inoltre è da sottolineare come quasi sempre, in particolare nei casi di ostracismo, l'intera classe tenda ad essere coinvolta nel bullismo, attivo o passivo, rivolto verso le vittime del gruppo, tramite meccanismi di consenso, più o meno consapevole, non solo nel timore di diventare nuove vittime dei bulli, o per mettersi in evidenza nei loro confronti, ma perché questi spesso riescono ad esprimere sia pur in negativo, attraverso la designazione della vittima quale capro espiatorio, la cultura identitaria del gruppo.



http://it.wikipedia.org/wiki/Bullismo

venerdì 14 dicembre 2007

Aspetti sociali del bullismo.

L'atteggiamento del bullo nei confronti del più debole o dei più deboli ha cause che spesso risiedono nell'invidia nei confronti delle vittime, invidia alimentata da un forte complesso adleriano d'inferiorità. Uno studente brillante, o con una famiglia molto agiata, è vittima del bullo che dimostra la sua superiorità nell'evidenziare i difetti fisici e/o caratteriali della vittima e renderla quindi inferiore, il tutto a vantaggio di una presunta, sconcertante ed irreale gratificazione. Principali vittime del bullismo sono, secondo gli studi più tradizionali che incentrano l'attenzione sulle caratteristiche individuali, gli studenti di grossa corporatura e/o con i tipici tratti facciali da secchione (occhiali, pettinatura ordinata, abiti sobri), subito riconoscibili, o dal linguaggio molto educato e povero delle naturali inflessioni dialettali.

Studi più recenti, sia in Italia che in particolare in Giappone (cfr. Ijime), ne sottolineano il carattere di comportamento di gruppo; il processo di designazione della vittima dipende dalle caratteristiche del gruppo e dai suoi processi, tipici dell'età evolutiva, di costruzione dell' identità e dall'assetto di potere del gruppo. Sarebbe più opportuno allora parlare di bullismi. Si può parlare di bullismo persecutorio quando la designazione è esterna al gruppo: in questo caso è in gioco la leadership del gruppo (della banda) e la designazione della vittima è più o meno casuale. Si può parlare di un bullismo di inclusione (cfr. nonnismo) quando le vittime sono i piccoli che devono sottoporsi a persecuzioni perlopiù ritualizzate per essere ammesse nel gruppo. Si può infine parlare di un bullismo di esclusione (cfr ostracismo) laddove la vittima è interna al gruppo (in genere la classe scolastica) e viene umiliata e perseguitata in quanto considerata estranea alla cultura e al modello identitario prevalente nel gruppo. Il bullismo può essere sia "diretto" che "indiretto". Il bullismo diretto consiste nel picchiare, prendere a calci e a pugni, spingere, dare pizzicotti, appropriarsi degli oggetti degli altri o rovinarli, minacciare, insultare, offendere, prendere in giro, esprimere pensieri razzisti sugli altri o rovinarli. Il bullismo di tipo indiretto invece si gioca più sul piano psicologico, meno visibile e più difficile da individuare, ma non è meno dannoso per la vittima di "turno". Esempi di bullismo indiretto sono: l'esclusione dal gruppo dei coetanei, l'isolamento, l'uso di smorfie e gesti volgari, la diffusione di pettegolezzi e calunnie sul conto della vittima, il danneggiamento dei rapporti di amicizia. A differenza di quanto si pensi, il bullismo è un fenomeno che riguarda sia maschi che femmine, ma nei due sessi si esprime in due modi differenti. I maschi mettono in atto soprattutto prepotenze di tipo diretto, come aggressioni fisiche e verbali. Le femmine, invece, utilizzano in genere modalità indirette di prevaricazione e le rivolgono prevalentemente ad altre femmine. Dalle notizie di stampa sembrerebbe, poi, che ci siano delle età a rischio di bullismo, poiché i soggetti coinvolti sono spesso o bambini tra gli 7-10 anni o ragazzi tra i 14-17 anni. Il bullismo, a differenza del vandalismo e del teppismo, si presenta come una forma di violenza antitetica a quelle rivolte contro le istituzioni e i loro simboli (docenti o strutture scolastiche): queste ultime sarebbero estroverse, dove il bullismo è invece introverso, una sorta di cannibalismo psicologico interno al gruppo dei pari. Inoltre è da sottolineare come quasi sempre, in particolare nei casi di ostracismo, l'intera classe tenda ad essere coinvolta nel bullismo, attivo o passivo, rivolto verso le vittime del gruppo, tramite meccanismi di consenso, più o meno consapevole, non solo nel timore di diventare nuove vittime dei bulli, o per mettersi in evidenza nei loro confronti, ma perché questi spesso riescono ad esprimere sia pur in negativo, attraverso la designazione della vittima quale capro espiatorio, la cultura identitaria del gruppo.








Prima indagine in Italia sul ''bullismo'' alle superiori. Un ragazzo su due subisce episodi di violenza verbale, psicologica e fisica.


Il 33% è una vittima ricorre a: Parolacce, offese e "prese in giro", ma anche minacce, botte e danni alle proprie cose. Sono queste gli atti di bullismo che i ragazzi hanno denunciato più frequentemente nell’ambito della ricerca dedicata al fenomeno, realizzata dall’associazione Villa Sant’Ignazio per conto della Provincia di Trento, i cui risultati vengono presentati oggi.


Più del 50% degli intervistati ha dichiarato di essere stato vittima di episodi di bullismo, risultati più numerosi nella fascia d'età dei 14 anni, e di questi il 33% sono vittime ricorrenti. Circa il 24% infatti è stato vittima di un qualche episodio di prepotenza nei 6 giorni precedenti l’intervista. Di questi, l’11,6% ha dichiarato di aver subito tali episodi qualche volta, mentre l’1,7% tutti i giorni. Il gruppo più numeroso che ha subito prepotenze è quello dei più giovani, sotto i 14 anni.
Dai risultati dell’indagine emerge che le prepotenze di natura verbale prevalgano nettamente rispetto a quelle di tipo fisico: il 42% dei ragazzi afferma di essere stato preso in giro; il 30% circa ha subito delle offese mentre il 23,4% dei soggetti ha segnalato di aver subito calunnie; per quanto riguarda le violenze di tipo psicologico, il 3,4% denuncia l’isolamento di cui è stato oggetto, l’11% circa, infine, dichiara di essere stato minacciato. Le prepotenze di natura fisica risultano essere più frequenti tra i ragazzi, mentre tra le ragazze e tra i più giovani prevalgono gli episodi di tipo verbale. Il 22,1% dei ragazzi sotto i 14 anni contro il 16% e il 14% rispettivamente dei ragazzi di 15-16 anni e con oltre 16 anni dichiara di aver “subito colpi”.





All’interno della scuola gli episodi di violenza e sopraffazione avvengono soprattutto in aula (27%) e a seguire, nei corridoi (14%) o nel cortile (16%). Inoltre il 20% del campione denuncia di esserne stato vittima al di fuori delle zone scolastiche (strada, piazza 32.5%, in corriera 22.9% e al bar 22.1%). Il bullo infatti si trova nella maggior parte dei casi nella stessa classe della sua “vittima” (30,8%) oppure è un suo coetaneo (12,2%), ma è frequente (21,4%) che il prepotente non si trovi all’interno della stessa scuola.

La prepotenze subite da soggetti della stessa scuola sono più diffuse tra i maschi mentre sono più numerose le ragazze che dichiarano di aver subito prepotenze da soggetti non appartenenti alla stessa scuola.L’episodio di prepotenza non sembra suscitare tra i presenti reazioni di difesa della vittima. Solo il 15% circa degli intervistati afferma che gli altri compagni cercano “spesso” o “sempre” di porre fine alle prepotenze mentre il 15,2% afferma che ciò accade raramente e il 28,3% qualche volta. Nella maggioranza dei casi si subisce in silenzio, sia all’interno della scuola che all’interno della famiglia. Il 28,1% delle vittime dunque non ha la possibilità o non vuole far partecipe nessuno delle violenze subite, elaborando da sola strategie per sottrarsi al ripetersi di tali esperienze e alle loro eventuali conseguenze.






All’interno della scuola, nel momento in cui gli episodi di prepotenza sono denunciati, la reazione più frequente è quella di far cessare la violenza (21,4%) e di chiedere spiegazioni ai soggetti coinvolti. Nel 13% dei casi, tuttavia, viene segnalata un’inspiegabile indifferenza o trascuratezza. Anche all’interno della famiglia si ritrova un analogo atteggiamento: nel 14,9% dei casi si preferisce non dare peso a quanto accaduto, oppure si consiglia di reagire alla stessa maniera (38,4%).

iL BULLISMO(brutti paola)

IL BULLISMO

Con bullismo si indica un fenomeno sociale tipico delle classi scolastiche, in cui uno o più adolescenti perseguitano con intenzionalità, con diverse pratiche, un ragazzo più debole. Il bullismo, per essere definito tale, deve presentare le seguenti caratteristiche: le prepotenze devono essere sistematiche ed intenzionali e solitamente è presente una asimmetria fra bullo e vittima . Gli studi sul fenomeno si concentrano quasi esclusivamente sull'ambiente scolastico. Oggi questo termine viene riferito anche al vandalismo. L'atteggiamento del bullo nei confronti del più debole o dei più deboli ha cause che spesso risiedono nell'invidia nei confronti delle vittime, invidia. Uno studente brillante, o con una famiglia molto agiata, è vittima del bullo che dimostra la sua superiorità nell'evidenziare i difetti fisici e/o caratteriali della vittima e renderla quindi inferiore. Principali vittime del bullismo sono, secondo gli studi più tradizionali che incentrano l'attenzione sulle caratteristiche individuali, gli studenti di grossa corporatura e/o con i tipici tratti facciali da secchione (occhiali, pettinatura ordinata, abiti sobri), subito riconoscibili, o dal linguaggio molto educato e povero delle naturali inflessioni dialettali.
http://video.google.it/videoplay?docid=-3598121924904402241

brutti paola digital divide

Digital divide, è il termine tecnico utilizzato in riferimento alle disuguaglianze nell’accesso e nell’utilizzo delle tecnologie della cosiddetta “società dell’informazione”.
Esso cominciò ad essere utilizzato dalle amministrazioni americane per indicare la non omogenea fruizione dei servizi telematici tra la popolazione statunitense.
Il problema del Digital divide è presente anche all’interno degli stati più sviluppati. Sicuramente però i suoi effetti sono ancor più gravi all’interno dei paesi arretrati: l’impossibilità d’avvicinarsi alla tecnologia oggi chiude infatti qualsiasi possibilità di recupero economico di questi paesi.
Le Nazioni Unite si sono mobilitate per il raggiungimento di un obiettivo fondamentale: permettere che l’accesso alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione diventi un servizio a disposizione di tutta l’umanità.
Ma la stessa povertà di questi paesi non permette alla popolazione di acquisire un’alfabetizzazione né di base né tantomeno di tipo informatico: si viene a creare un circolo vizioso che porta paesi del terzo mondo ad aumento dell'analfabetismo, alla scarsa conoscenza informatica, ad un costo elevato dell'hardware, alla mancanza di infrastrutture di comunicazione e di contenuti in lingue dei paesi arretrati.
PROGETTO PIANO EUROPEO
Le linee d’azione previste nel Piano europeo sono finalizzate al raggiungimento di tre obiettivi prioritari:
- realizzare un accesso più economico, rapido e sicuro a Internet;
-investire nelle risorse umane e nella formazione, favorendo la partecipazione di tutti all’economia basata sulla conoscenza;
-promuovere l’utilizzo di Internet, anche nella pubblica amministrazione e nei servizi, accelerando l’e-commerce e sviluppando contenuti digitali per le reti globali.
-In Francia sono stati realizzati oltre 7000punti di accesso gratuito a internet.
PIANO ITALIANO
Il Piano del governo italiano, finanziato con il 10 per cento delle entrate ottenute con la gara Umts, considera la transizione verso la Società dell’informazione come priorità strategica; parte dal presupposto che le tendenze allo sviluppo e all’adozione delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione (Ict) sono largamente spontanee e decentrato. Programma di sviluppo delle tecnologie didattiche 1997-2000 ha interessato moltissime scuole di ogni ordine e grado, ottenendo importanti risultati. Tre gli obiettivi:

-promuovere fra gli studenti la padronanza della multimedialità;
- accrescere l’efficacia dei processi di insegnamento-apprendimento e la stessa organizzazione della didattica;
- migliorare la professionalità degli insegnanti.
Per sviluppare politiche di sostegno alle scuole il ministero ha attivato un insieme di risorse, avviando una politica di accordi con le imprese private, che presenteranno alle scuole consulenza tecnologica, servizi e azioni di stimolo (premi, concorsi ecc.).
Verona
Attraverso il supporto di Intesys il Comune di Verona ha gestito un progetto innovativo volto a consentire l'utilizzo di strumenti informatici anche ad anziani, quindi ad una generazione che non ha avuto l'opportunità di apprenderne il "funzionamento" e quindi a imparare che cos'è Internet e i suoi strumenti.
Il Comune di Verona affronta la tematica del Digital Divide, con una serie di iniziative che hanno per obiettivo l’alfabetizzazione informatica. Il primo percorso didattico sarà rivolto agli ultrasessantenni e, oltre ad un corso che fornisce le conoscenze informatiche di base, prevede la realizzazione di una piattaforma di eLearning, progettata da Intesys, per l’approfondimento individuale di quanto appreso in aula.
http://it.wikipedia.org/wiki/Digital_divide
http://www.intesys.it/Digital-Divide/?id_menu=4&ti=4

IL BULLISMO







DEFINIZIONE: Diciamo che un ragazzo subisce delle prepotenze quando un altro ragazzo, o un gruppo di ragazzi, gli dicono cose cattive e spiacevoli, sempre prepotenza quando un ragazzo riceve colpi, pugni, calci e minacce, quando viene rinchiuso in una stanza, riceve bigliettini con offese e parolacce, quando nessuno gli rivolge mai la parola e altre cose di questo genere. Questi fatti capitano spesso e chi subisce non riesce a difendersi. Si tratta sempre di prepotenze quando un ragazzo viene preso in giro ripetutamente e con cattiveria. Non si tratta di prepotenze quando due ragazzi, all’incirca della stessa forza, litigano tra loro o fanno la lotta.






TRE TIPI DI VIOLENZE:






  1. aggressioni fisiche: calci, pugni, sottrazione di beni




  2. aggressioni verbali: minacce, offese, insulti, prese in giro




  3. violenze psicologiche: esclusione, isolamento, diffusione di calunnie



Il bullismo è una forma di comportamento aggressivo con caratteristiche peculiari e distintive, sulle quali c’è un vasto consenso a livello internazionale (Olweus, 1996). Il bullismo è caratterizzato da tre fattori che permettono di discriminare tale fenomeno da altre forme di comportamento aggressivo e dalle prepotenze. Questi fattori sono:







  • l’intenzionalità: il comportamento aggressivo viene messo in atto volontariamente e consapevolmente;




  • la sistematicità: il comportamento aggressivo viene messo in atto più volte e si ripete quindi nel tempo




  • l’asimmetria di potere: tra le parti coinvolte (il bullo e la vittima) c’è una differenza di potere, dovuta alla forza fisica, all’età o alla numerosità quando le aggressioni sono di gruppo;
    la vittima, in ogni caso, ha difficoltà a difendersi e sperimenta un forte senso di impotenza




Bullismo


BULLISMO : questo è il termine di nuova generazione per indicare atti di violenza a scuola generalmente nel periodo adolescenziale e pre - adolescenziale. Sono molti i fatti di cronaca dove i ragazzi violenti che compiono atti di questo tipo trovano risposta da parte delle autorità competenti che, prontamente, prendono posizione contro i malfattori; ma, purtroppo, sono tantissime anche le situazioni di bullismo ( mobbing a scuola ) dove la vittima di violenza e la sua famiglia non trovano il coraggio di denunciare. Bisogna sempre tenere presente che più sono le sentenze di bullismo ,più sarà possibile avvicinarci ad un riconoscimento giuridico della violenza tra ragazzi in particolari ambienti e modalità. Bisogna denunciare per arrivare ad un riconoscimento di questo tipo. Bisogna evitare che il bullismo manifestato a scuola ( come in altri ambienti ) sia fonte di seri danni per altre persone, vittime innocenti di quello che è oramai una vera e propria calamità sociale! Troppe sono le vittime e troppo è il silenzio… scuole e violenza sono termini che non devono andare affiancati: inevitabile, per le vittime e non solo, sarebbe aggiungere a questo terribile binomio la parola “paura” !
Studi più recenti, sia in Italia che in particolare in Giappone (cfr. Ijime), ne sottolineano il carattere di comportamento di gruppo; il processo di designazione della vittima dipende dalle caratteristiche del gruppo e dai suoi processi, tipici dell'età evolutiva, di costruzione dell' identità e dall'assetto di potere del gruppo. Sarebbe più opportuno allora parlare di bullismi.
IL BULLISMO

Il bullismo è una delle grandi piaghe della nostra società, sempre più diffuso tra i giovanissimi e anche tra i bambini della scuola elementare.Questo fenomeno manifesta difficoltà socio-relazionali sia dei "bulli" che cercano di prevalere sugli altri con la violenza fisica o verbale, umiliando e insultando i più deboli ma anche delle "vittime" che per paura sono costretti a subire, emarginandosi sempre di più.
La causa che contribuisce a determinare questo fenomeno è da ricercarsi non solo nella personalità dei giovani bulli, ma anche nei modelli familiari a cui si ispirano, negli stereotipi imposti dai massa media, nella società di oggi troppo disattenta alle relazioni sociali. Oggi si nota che da un lato i giovani sono sempre più arrabbiati, autonomi, spesso aggressivi; dall'altro sono però emozionalmente fragili, bisognosi di protezione.
Il bullismo è da combattere radicalmente per poter crescere in armonia con se stessi e con gli altri, rinforzando la stima che ognuno di noi deve avere non solo verso se stesso ma anche verso chi ci sta accanto affinché la cultura e le abitudini "collaborative" prendano il sopravvento sulla cultura della sopraffazione, della prepotenza e della violenza. Solo se si riuscirà a superare questo tanto diffuso bullismo si potrà sperare in una società migliore in cui prevalga la tolleranza verso la diversità.
UNA BREVE DEFINIZIONE

BULLISMO ( mobbing in età evolutiva ) : questo è il termine di nuova generazione per indicare atti di violenza a scuola generalmente nel periodo adolescenziale e pre - adolescenziale. Sono molti i fatti di cronaca dove i ragazzi violenti che compiono atti di questo tipo trovano risposta da parte delle autorità competenti che, prontamente, prendono posizione contro i malfattori; ma, purtroppo, sono tantissime anche le situazioni di bullismo ( mobbing a scuola ) dove la vittima di violenza e la sua famiglia non trovano il coraggio di denunciare.

I primi studi sul bullismo si hanno nei paesi dell'area scandinava, a partire dall'inizio degli anni '70, e, poco dopo, anche nei paesi anglosassoni, in particolare Gran Bretagna e Australia. Con la seconda metà degli anni '90, ricerche analoghe sono condotte anche in Italia. Da segnalare il caso del Giappone con gli studi sull'Ijime che si sviluppano verso un modello di analisi orientato alla psicologia di gruppo.

IL BULLISMO

Con bullismo si indica un fenomeno sociale tipico delle classi scolastiche, in cui uno o più adolescenti perseguitano sistematicamente e con intenzionalità, con diverse pratiche, un ragazzo più debole. Il bullismo, per essere definito tale, deve presentare le seguenti caratteristiche: le prepotenze devono essere sistematiche ed intenzionali e solitamente è presente una asimmetria fra bullo e vittima . Gli studi sul fenomeno si concentrano quasi esclusivamente sull'ambiente scolastico. Attualmente, da parte dei mass-media, il termine viene anche usato in maniera più ampia e generica, per riferirsi al teppismo e al vandalismo da parte degli studenti.
In scandinavia , dove hanno avuto inizio le primissime ricerche sul fenomeno, si usa il termine mobbing (o mobbning). Tuttavia, sia nel mondo anglosassone che in Italia, con mobbing ci si riferisce unicamente ai fenomeni di prevaricazione interni all'ambiente di lavoro. Il mobbing sarebbe dunque il bullismo che avviene tra gli adulti, e il bullismo, il mobbing che avviene tra i minori. Entrambi i fenomeni, inoltre, presentano caratteristiche analoghe, di solito in forme meno esasperate.
L'atteggiamento del bullo nei confronti del più debole o dei più deboli ha cause che spesso risiedono nell'invidia nei confronti delle vittime, invidia alimentata da un forte complesso di aldleriano di inferiorità. Uno studente brillante, o con una famiglia molto agiata, è vittima del bullo che dimostra la sua superiorità nell'evidenziare i difetti fisici e/o caratteriali della vittima e renderla quindi inferiore, il tutto a vantaggio di una presunta, sconcertante ed irreale gratificazione. Principali vittime del bullismo sono, secondo gli studi più tradizionali che incentrano l'attenzione sulle caratteristiche individuali, gli studenti di grossa corporatura e/o con i tipici tratti facciali da secchione (occhiali, pettinatura ordinata, abiti sobri), subito riconoscibili, o dal linguaggio molto educato e povero delle naturali inflessioni dialettali.
Studi più recenti, sia in Italia che in particolare in Giappone ne sottolineano il carattere di comportamento di gruppo; il processo di designazione della vittima dipende dalle caratteristiche del gruppo e dai suoi processi, tipici dell'età evolutiva, di costruzione dell’ identità e dall'assetto di potere del gruppo. Sarebbe più opportuno allora parlare di bullismi. Si può parlare di bullismo persecutorio quando la designazione è esterna al gruppo: in questo caso è in gioco il gruppo (la banda) e la designazione della vittima è più o meno casuale. Si può parlare di un bullismo di inclusione quando le vittime sono i piccoli che devono sottoporsi a persecuzioni perlopiù ritualizzate per essere ammesse nel gruppo. Si può infine parlare di un bullismo di esclusione laddove la vittima è interna al gruppo (in genere la classe scolastica) e viene umiliata e perseguitata in quanto considerata estranea alla cultura e al modello identitario prevalente nel gruppo. Il bullismo può essere sia "diretto" che "indiretto". Il bullismo diretto consiste nel picchiare, prendere a calci e a pugni, spingere, dare pizzicotti, appropriarsi degli oggetti degli altri o rovinarli, minacciare, insultare, offendere, prendere in giro, esprimere pensieri razzisti sugli altri o rovinarli. Il bullismo di tipo indiretto invece si gioca più sul piano psicologico, meno visibile e più difficile da individuare, ma non è meno dannoso per la vittima di "turno". Esempi di bullismo indiretto sono: l'esclusione dal gruppo dei coetanei, l'isolamento, l'uso di smorfie e gesti volgari, la diffusione di pettegolezzi e calunnie sul conto della vittima, il danneggiamento dei rapporti di amicizia. A differenza di quanto si pensi, il bullismo è un fenomeno che riguarda sia maschi che femmine, ma nei due sessi si esprime in due modi differenti. I maschi mettono in atto soprattutto prepotenze di tipo diretto, come aggressioni fisiche e verbali. Le femmine, invece, utilizzano in genere modalità indirette di prevaricazione e le rivolgono prevalentemente ad altre femmine.

fonte: wikipedia
IL BULLISMO

Quasi otto ragazzi delle scuole medie su dieci hanno conosciuto da vicino atti di bullismo, o perché ne sono stati vittima, o perché lo hanno subito i loro amici. E se in teoria il 75% dei giovani dichiara che è giusto che la vittima di questi maltrattamenti cerchi aiuto in un genitore o comunque in una persona adulta, all'atto pratico il 53% afferma che se accadesse a lui si difenderebbe da solo.


Un esempio: Durante la ricreazione, Alessandro, un alunno di seconda media, si avvicina a Luca e mentre con una mano gli torce il braccio dietro la schiena, con l’altra gli punta un coltellino sotto la gola costringendolo a ripetere davanti a un gruppo di compagni: ”Sono il tuo schiavo e tu sei il mio padrone”. Non siamo in una scuola del Bronx , ma in una scuola media del Veneto.


Da diverso tempo anche in Italia il fenomeno del bullismo viene riconosciuto come uno spiacevole aspetto della vita scolastica.

L'atteggiamento del bullo nei confronti del più debole o dei più deboli ha cause che spesso risiedono nell' invidia nei confronti delle vittime.
E' opportuno però fare una chiarificazione terminologica: bullismo è la traduzione letterale della parola inglese "bulling" che ha un significato un po' diverso rispetto all'accezione italiana. Tradizionalmente, nel nostro Paese viene considerato "bullo" un individuo dotato di molto esibizionismo, piuttosto sbruffone, che ama fare il gradasso e che spesso tende a prevaricare, senza mai però raggiungere quelle caratteristiche di cattiveria e di sadismo che invece sono tipici del fenomeno del bullismo così come viene spesso osservato in ambito scolastico.
E’ quindi da considerare impropria la traduzione del termine “bulling” con bullismo, anche se ormai tale errata traduzione è ampiamente diffusa nel nostro Paese.

fonti:





Il Bullismo….
Uno dei problemi sociali che da tempo affligge la gioventù è il bullismo, tipico comportamento di persone che fanno o dicono cose con lo scopo di dominare gli altri, presumendo la propria superiorità. Questa piaga sociale si manifesta tra i giovani nelle scuole e fuori dalle scuole e nei luoghi di normale ritrovo. Le vittime di questa violenza e prepotenza, sono i più deboli, quelli di età inferiore oppure quelli di sesso opposto che non riescono ad opporsi ai prepotenti e molto spesso non li vediamo passeggiare per strada perché magari temono di incontrare un branco di bulli. Il bullismo viene definito in due modi : diretto e indiretto. Il bullismo diretto comprende gli attacchi fisici (pugni, calci, prendere in possesso o rovinare le cose di proprietà della vittima) e gli attacchi verbali (deridere, insultare, prendere in giro la vittima); quello indiretto,invece, consiste nel divulgare storie offensive su una persona, per escluderla da un gruppo e per favorirne l’isolamento. Tra i ragazzi si rivela maggiormente un bullismo diretto, mentre, tra le ragazze vi è un bullismo indiretto, in quanto la vittima viene “sparlata” alle spalle, raramente accade che tra ragazze si ricorra alle mani e quindi al bullismo diretto. La vittima comincia a dare i primi segni con uno stato di ansia e insicurezza. Un fattore che favorisce notevolmente la permanenza del bullismo è l’omertà, che è presente anche nella mafia, poiché la stessa vittima, avendo il timore di eventuali aggressioni per la vendetta del bullo, non riesce a discutere dei suoi problemi per ricevere dei supporti. Per ridurre questo fenomeno, ad agire deve essere, in prima persona, la scuola, perché è lì che si manifesta ed è lì che si può meglio controllare. Quindi bisognerebbe migliorare il rapporto alunno-professore in modo che gli insegnanti possano aiutare i propri alunni al fine di superare queste difficoltà . Il bullismo è un fenomeno che deve essere fermato per salvaguardare i diritti delle vittime e gli stessi bulli, affinché questi possano avere un futuro migliore e la società non vada incontro alla delinquenza e ad altri problemi come ad esempio la mafia. Purtroppo, molti sono stati i casi di suicidio in Italia di persone che, essendo stanche di soffrire psicologicamente isolati dalla società che li circonda, decidono di mettere fine alla propria vita. Tutti dobbiamo tentare e riuscire ad eliminare il bullismo in tutti i modi possibili aiutando i deboli, e convincendo i bulli a cambiare i loro atteggiamenti di prepotenza, solo così potremmo vivere in un mondo migliore, più sereno.
IL BULLISMO È: un’azione che mira, deliberatamente, a ferire: spesso è persistente e dura nel tempo. Per coloro che ne sono vittime è difficile difendersi.
Alla base di tali comportamenti sopraffattori vi è un abuso di potere e un desiderio di prevaricare.
- quando sei costretto a subire piccoli furti, minacce e prepotenze da parte di uno o più compagni che ti dicono e fanno cose spiacevoli;
- quando vieni sempre escluso dal gruppo;
- quando ti considerano un debole e ripetutamente se la prendono con te;
Se uno fa il BULLO CON TE … racconta quanto è successo ad una persona di cui ti fidi
Se uno fa il BULLO CON QUALCUN ALTRO … invita anche i tuoi amici a non sostenerlo
e chiedi aiuto ad un adulto se la situazione peggiora
Il BULLISMO ... parlarne è la tua forza!
CARATTERISTICHE
INTENZIONALITÀ:
comportamento aggressivo volontario e intenzionale;
SISTEMATICITÀ: comportamento realizzato più volte e ripetuto nel tempo;
L’ASIMMETRIA DI POTERE: tra il bullo e vittima c’è differenza di potere, determinata dalla forza fisica, dall’età o dal numero quando si verifica il fenomeno in gruppo. La vittima, in ogni caso, non riesce a difendersi adeguatamente e prova un senso di impotenza.
COSA SI RISCHIA CON IL BULLISMO
Si rischia di essere denunciati all’autorità giudiziaria, in relazione a una serie di reati scaturiti da azioni poste in essere nei confronti della vittima che, più comunemente, sono individuati in tipologie di reato in danno di persone:
QUANDO QUALCUNO FA “IL BULLO” CON TE, COSA PUOI FARE ?
Per prima cosa racconta quello che ti è successo a una persona della quale ti fido;
Ne parli ai genitori, agli insegnanti. Non devi tenere la cosa segreta; parlarne è il primo passo per cercare di risolvere il problema, non vuol dire che sei debole;
Cerchi di stare in compagnia di amici che possono aiutarti veramente;
Cerchi di non dare soddisfazione al bullo, non ti fai notare turbato o preoccupato dal suo atteggiamento: così ne riduci la sua dimensione;
Cerchi di dire sempre quello che ritieni giusto e quello che provi, anche se spesso non è semplice.
fonti:

I nostri soldi .. ben spesi!

La Direttiva 60/2000 dell’Unione Europea recita: “..l’acqua non è un prodotto commerciale, bensì un patrimonio che va protetto“.

L’incultura dell’acqua in Italia, porta a consumare 170 litri di acqua imbottigliata per abitante all’anno, contro una media europea di 85 ed una mondiale di 15, equivalenti a 5 miliardi di contenitori plastici che si trasformano in 100.000 tonnellate/anno di rifiuto urbano.

L’acqua imbottigliata, assoggettata a regimi di controlli spesso lacunosi, ha un costo tra 30 e 50 centesimi, cui si sommano i costi di smaltimento del contenitore, mentre 1.000 litri di acqua da acquedotto, più controllata sul piano chimico-batteriologico, non costano più di 1 euro.

Gli italiani dichiarano che alla base di questo paradosso c’è la convinzione che l’acqua imbottigliata sia più sicura ( 51% ), più “buona” (35%), meno “dura” (14% ).

L’acqua non è una merce.”
Ripetetelo allo specchio ogni mattina: vi darà consapevolezza.
I numeri parlano e ci sussurrano dati che non vogliamo ascoltare.
Un miliardo di persone non ha acqua potabile.
Un milione e ottocentomila bambini muoiono ogni anno per malattie causate dall’acqua inquinata.
Dove va l’acqua? Una tazza di caffè richiede 140 litri di acqua, un paio di jeans 11.000 litri, un’automobile 400.000 litri.
E solo il 3% dell’acqua del pianeta è potabile.

In Italia l’acqua è una risorsa finanziaria e, quindi, viene privatizzata.
Un bene primario si è trasformato in azioni, in asset, in profitto.
L’acqua deve restare in mani pubbliche, le nostre mani.

Il caso di Cesano Boscone:





martedì 4 dicembre 2007


Digital Divide


Analisi E Possibili Soluzioni



L’espressione "digital divide" definisce il gap esistente fra coloro che possono utilizzare i nuovi mezzi di comunicazione e coloro che, per varie ragioni, non possono. Questa rappresenta una tematica chiave della società contemporanea, in quanto segna lo spartiacque fra coloro che sono in grado di accedere a determinate informazioni e coloro che non sono in grado di farlo.

Il digital divide esprime anche l’impossibilità ad usare le tecnologie digitali per una considerevole percentuale delle popolazioni dei paesi industrializzati. Ciò significa che, anche se le persone possono permettersi l’acquisto di un pc o di un cellulare, non è detto che automaticamente siano in grado di utilizzarli.

Un altro aspetto della problematica del digital divide riguarda la capacità di sfruttare appieno le possibilità offerte da queste nuove tecnologie digitali; anche se fossero accessibili e di facile uso, vi sarebbero comunque molte persone non in grado di trarne tutti i possibili benefici.

L’economia

La carenza di opportunità di business assieme al lento progresso economico che caratterizza molti dei paesi in via di sviluppo sono certamente le ragioni primarie del digital divide. I governi di questi paesi poveri hanno da affrontare sfide ben più difficili, quali fame, sanità e sicurezza, prima di pensare a fantomatici sviluppi tecnologici.

Il risultato è che le popolazioni di questi paesi non raggiungono alti livelli di educazione e non hanno le conoscenze necessarie per utilizzare queste tecnologie. Il 14 Marzo 2005 le Nazioni Unite hanno stabilito la creazione del Fondo di Solidarietà Digitale per finanziare progetti riguardanti “l’uso e la distribuzione di nuove tecnologie di informazione e comunicazione” e “la possibilità di permettere alle persone o ai paesi esclusi di entrare nella nuova era della società informatizzata”. Il vero digital divide è fra coloro che hanno accesso ad una rete mobile e quelli senza.

In aree come Nord America, Europa, Australia, e i paesi sviluppati dell’Asia, il prezzo dei computer non è più un problema, così come quello dei cellulari. Il computer più economico sul mercato. Se è vero che comunque vi sono persone che non possono permettersi di spendere tale cifra, i prezzi dei computer diminuiscono ogni anno così come quelli dei cellulari che lo fanno in maniera ancor più rapida.

L’alfabetizzazione

Le persone hanno difficoltà a comprendere l’uso delle caratteristiche di ricerca avanzate o non sanno esattamente quale parola chiave utilizzare. Molti fra di loro selezionano acriticamente i risultati e sono all’oscuro del fatto che i motori di ricerca diano priorità a determinati risultati in quanto sponsorizzati.

Un’altra problematica interessante che ha aiutato il digital divide a crescere è la cosiddetta “sperequazione partecipativa”, che si riferisce al fatto che nelle comunità online e nei social network basati sugli utenti, molti di essi non partecipano e preferiscono rimanere passivamente sullo sfondo.

A causa del fatto che mancano delle capacità per partecipare e contribuire attivamente alla crescita della comunità, molti utenti rimangono alla mercé delle decisioni altrui. Per esempio, le persone spesso accettano la home page scelta di default dal produttore del computer o dal loro ISP (i motori di ricerca pagano molto bene questa prassi), piuttosto che sceglierne una in linea con i propri bisogni.


http://www.masternewmedia.org/it/2007/01/29/digital_divide_analisi_e_possibili.htm

venerdì 30 novembre 2007

VENTURINI DAVIDE DIGITAL DIVIDE


IN ITALIA
Secondo molti studiosi, in Italia il Digital divide si manifesta nell'esclusione di milioni di cittadini dal collegamento veloce ad Internet garantito dalla tecnologia DSL, chiamato anche banda larga.

BANDA LARGA

La banda larga, definita alla luce della tecnologia attuale a partire da un valore soglia di 1.2 megabit/sec. non è contemplata né dalla legislazione italiana né da quella europea come obbligo di servizio universale.

La copertura del territorio italiano con accessi a Internet a velocità superiori a 1 megabit/sec. resta al di sotto della media europea (95% di Regno Unito, oltre il 90% in Francia) e di Stati con un territorio più vasto dell'Italia e una più bassa densità abitativa e quindi più piccoli centri da coprire.

In Francia e Regno Unito tale livello di copertura è in buona parte dovuto all'utilizzo diffuso di tecnologie wireless, o di altre quali Reach Extended ADSL2, liberalizzate da alcuni anni, per servire territori rurali in cui la centrale sarebbe troppo distante da molte abitazioni per poter offrire un servizio DSL.

Anche in Italia con i link via wireless sarebbe possibile una copertura totale del territorio, con l'onere di installare un DSLAM in ognuna delle 10800 centrali telefoniche italiane.

A detta di molti operatori nel settore delle telecomunicazioni, la banda larga è un fattore d'importanza strategica per la ripresa di competitività delle imprese italiane, quanto la creazione di una rete di trasporti autostradale e ferroviaria più efficiente. È importante in questo senso l'integrazione fra informatica e logistica, per favorire la circolazione di idee e di merci.

La banda larga è anche una necessità del mondo dell'università e della ricerca scientifica che lavorano su una grande mole di dati e utilizzano la rete come strumento da cui attingere potenza di calcolo.

SOLUZIONI AL DIGITAL DEVIDE

La recente disponibilità della tecnologia Wimax potrebbe contribuire a risolvere il Digital divide italiano: entro la fine del 2007 sarà avviata la Gara pubblica per l'assegnazione delle frequenze per il WiMAX.



IL DIGITAL DIVIDE
Risulta difficile definire in modo appropriato il digital divide; in prima approssimazione si puo'
dire che rappresenta la frattura tra il mondo che utilizza come strumenti le nuove tecnologie
(internet, telecomunicazioni e informatiche in genere) e invece chi non ha accesso a tutto
questo. Digital Divide tra il mondo ricco e mondo povero, ma anche all'interno dello stesso
mondo ricco tra persone che hanno e non hanno strumenti per accedere alle tecnologie o alle
conoscenze per utilizzarle in maniera critica. Le tecnologie in questa dscussione non dovrebbero essere intese come panacea di tutti i mali ma vanno invece comprese come una opportunita' i sviluppo, se introdotte ed utilizzate in maniera appropriata, non dimenticando che oltre alle iide tecnologico esistono tante e forse piu’ drammatiche forme di divide: acqua, elettricita’, cbo, case, medicine. Negli ultimi due anni si sta parlando moltissimo di digital divide,
testimonianza sono le iniziative delle agenzie internazionali: per la World Bank, Nazioni Unite e molte altre ancora.
Anche nell’ambito delle organizzazioni non governative e delle fondazioni si e’ avuta una grande attenzione per queste tematiche, rivista online di
volontariato ha una sezione dedicata al Digital Divide.


N.B:
La definizione digital divide racchiude in sé
complesse problematiche che coinvolgono tutti gli aspetti della vita di una
comunità: economici, culturali, sociali.


NEI PAESI POVERI
I paesi avanzati stanno basando sempre di più i loro sistemi produttivi, amministrativi e comunicativi sulle nuove tecnologie digitali. Per noi l’introduzione e la diffusione delle ICT stanno profondamente mutando anche i rapporti sociali. Data la portata di questa trasformazione, si parla di una vera e propria “rivoluzione digitale”, i cui effetti, positivi e negativi, sono oggetto di discussione teorica e politica.
Le possibilità offerte dalle ICT (Information Communication Technology) anche nei paesi cosiddetti emergenti sono molteplici e di grande efficacia per cui l’utilità e l’importanza delle ICT in tutti paesi, siano essi più o meno sviluppati, è innegabile.
Il problema si pone quando consideriamo il crescente divario fra Nord e Sud dal punto di vista degli accessi fondamentali quali la salute, l’istruzione, un tenore di vita dignitoso, la democrazia e i diritti umani. Questi accessi condizionano a loro volta l'accesso alle nuove tecnologie, allo stesso modo in cui l'esclusione e l'emarginazione sociale, l'esclusione dai processi decisionali e democratici, condizionano e vengono aggravati dalla esclusione dall'utilizzo delle nuove tecnologie. In questo scenario si rendono necessarie politiche di inclusione digitale, politiche che sono già state attuate nel corso degli anni '90 nei paesi ricchi, allo scopo di colmare il loro divario digitale interno. Queste politiche, come ad esempio quelle dell'amministrazione Clinton in America, hanno provvisto scuole, biblioteche e altri enti pubblici, di computer e connessione a Internet e hanno proposto dei corsi gratuiti per le minoranze, come quelle ispanoam maggiormente svantaggiate nell'accesso alle ICT.
Attualmente si sta cercando di adattare queste politiche a livello internazionale e inserirle quindi in un contesto di cooperazione allo sviluppo, adeguandole a contesti spesso ben diversi da quello nordamericano.
Le ICT offrono grandi possibilità per lo sviluppo, ma la loro adozione deve essere aiutata con politiche scrupolose e mirate, pena un ulteriore aggravamento del divario (non solo digitale) fra Nord e Sud.






DIGITAL DIVIDE

Per Digital Divide si intende alla lettera divario, divisione digitale: esso viene inteso come mancanza di accesso e di fruizione alle nuove tecnologie di comunicazione e informatiche. Da qualche anno ormai si parla di questo argomento, che con il passare del tempo riguarda aspetti sempre diversi delle nuove tecnologie e non solo: molti sono gli aspetti anche sociali della questione.

Storicamente, i primi che parlarono di digital divide furono Al Gore e Bill Clinton, quando, all'inizio degli anni novanta, intrapresero una politica di forte sviluppo e potenziamento dell'infrastruttura di internet negli Stati Uniti.
Il concetto di "divario digitale" era riferito alla difficoltà di accesso a internet in determinate zone del paese (difficoltà intesa anche sotto l'aspetto dei costi).

In quegli anni internet esplode come fenomeno di massa e diventa sempre di più un mezzo di lavoro e di business: non essere connessi alla rete (o non avere gli strumenti cognitivi per farlo), significa quindi essere relegati ai margini della società. Nascono così vari progetti per colmare il divario digitale americano nell'amministrazione Clinton.

La tecnologia non dovrebbe servire a creare dei bisogni indotti in questi paesi (computer sempre più potenti, connettività ultraveloce, nuove releasedi programmi dei quali si sfrutta l'1% delle capacità, etc.), ma a farli sentire partecipi e in grado di creare uno sviluppo tecnico più adeguato alle loro reali esigenze. Qui iniziamo a toccare un altro punto importante della questione: le tecnologie ICT rappresentano un "paradigma tecnologico", ovvero un insieme di regole e metodi che determinano un modo di produzione e quindi un modello sociale.

Mai come in questo momento le tecnologie non sono neutre; dal tipo di scelte che vengono fatte si possono decidere i vari tipi di futuri che ci aspettano: sicurezza dei dati, codici dei programmi, sistemi operativi, protocolli applicativi etc etc.
La tecnologia non dovrebbe servire a creare dei bisogni indotti in questi paesi (computer sempre più potenti, connettività ultraveloce, nuove releasedi programmi dei quali si sfrutta l'1% delle capacità, etc.), ma a farli sentire partecipi e in grado di creare uno sviluppo tecnico più adeguato alle loro reali esigenze.
Qui iniziamo a toccare un altro punto importante della questione: le tecnologie ICT rappresentano un "paradigma tecnologico", ovvero un insieme di regole e metodi che determinano un modo di produzione e quindi un modello sociale.

COSA FARE?

L'idea è quella di formare una community in grado di discutere problemi generali relativi a queste problematiche, ma anche di dare indicazioni tecniche e lanciare una serie di progetti specifici su queste tematiche. Sul Pluto è stata aperta una mailing list (alla quale chi vuole iscriversi è il benvenuto), pluto-divide, che cercherà di fare da collettore di tutto ciò. Parlare di tipi di applicazioni, di progetti di alfabetizzazione informatica, prendere contatti con associazioni, ONG, centri di eccellenza nei paesi in via di sviluppo per lavorare insieme su progetti che vedano nel software libero un mezzo di diffusione di tecnologie sostenibili potrebbe essere un inizio. La connettività, ma non solo: l'informatica, le applicazioni, la lingua e tanti altri aspetti legati allo sviluppo tecnologico.

digital divide



digital divide


Viene inteso come mancanza di accesso e di fruizione alle nuove tecnologie di comunicazione. I primi che parlarono di digital divide furono Al Gore e Bill Clinton, quando, all'inizio degli anni novanta, intrapresero una politica di forte sviluppo e potenziamento dell'infrastruttura di internet negli Stati Uniti.

Il concetto di "divario digitale" era riferito alla difficoltà di accesso a internet in determinate zone del paese. In quegli anni internet esplode come fenomeno di massa e diventa sempre di più un mezzo di lavoro e di business: non essere connessi alla rete significa quindi essere relegati ai margini della società. Con il passare del tempo, la "rivoluzione internet" inizia a interessare un po' tutto il mondo industrializzato e queste tematiche cominciano ad essere sentite anche in altri paesi fino a raggiungere anche il sud del pianeta. Il digital divide rischia di incrementare ulteriormente la forbice tra paesi sviluppati e non. Sarebbe sicuramente sbagliato credere che andando ad incidere sul digital divide si possano risolvere i problemi gravi che affliggono queste società.

Le tecnologie ICT rappresentano un "paradigma tecnologico", ovvero un insieme di regole e metodi che determinano un modo di produzione e quindi un modello sociale.
Un paradigma tecnologico non sostenibile può creare molti problemi che - tra l'altro - potrebbero ritornarci indietro amplificati (come ad esempio i problemi ambientali). Nell'ambito dell'informatica e delle nuove tecnologie, il paradigma tecnologico più sostenibile è sicuramente quello legato al free software. Il modello cooperativo a cui fa riferimento, la possibilità di personalizzare per le diverse esigenze i software e la possibilità di partecipare attivamente all'innovazione entrando nel merito delle cose trattate sono alcuni dei suoi punti di forza. Se la strada per affrontare il problema sarà questa, allora non saranno soltanto i paesi in via di sviluppo a trarne benefici diretti, ma anche tutta la comunità a livello mondiale.
Secondo me è una tecnologia molto utile se viene utilizzata anche nei Paesi più poveri.

IL DIGITAL DIVIDE

IL DIGITAL DIVIDE
La diffusione delle tecnologie dell’informazione presuppone da una parte grandi investimenti economici, dall’altra la presenza di infrastrutture e servizi, spesso assenti in molti paesi,. All’interno del Nord, ad essere svantaggiate nell’accesso e nell’utilizzo delle nuove tecnologie sono soprattutto alcune categorie sociali, appartenenti a fasce socialmente deboli; nel Sud, si può disegnare una mappa che vede il continente asiatico in ritardo, ma con una discreta percentuale di diffusione e utilizzo delle tecnologie dell’informazione;
Le maggiori difficoltà per la diffusione della ICT sono date dalla carenza delle infrastrutture per le telecomunicazioni e dai costi elevati di utilizzo delle linee telefoniche, dalla scarsa presenza di computer e attività di alfabetizzazione relative al loro utilizzo, dalla diffusione geografica delle connessioni, che è concentrata nelle grandi città o esclusivamente nelle capitali, mentre è totalmente assente nelle zone rurali, nelle quali vive invece la maggior parte della popolazione
I progetti oggi attivi nel sud del mondo tesi a promuovere lo sviluppo delle nuove tecnologie sono numerosi, ma ancora in fase sperimentale ed insufficienti data la portata del problema.

L’Unesco promuove un progetto “UNESCO’s INFORMAFRICA” mirato all’introduzione delle ICT utilizzando come strategia la formazione di specialisti. E’ assente però una strategia di cooperazione che metta in relazione gli interventi delle diverse agenzie internazionali.

Il problema si pone quando consideriamo il crescente divario fra Nord e Sud dal punto di vista degli accessi fondamentali quali la salute, l’istruzione, un tenore di vita dignitoso, la democrazia e i diritti umani. Questi accessi condizionano a loro volta l'accesso alle nuove tecnologie, allo stesso modo in cui l'esclusione e l'emarginazione sociale, l'esclusione dai processi decisionali e democratici, condizionano e vengono aggravati dalla esclusione dall'utilizzo delle nuove tecnologie.

Possiamo affermare che per utilizzare Internet bisogna saper leggere e scrivere, pertanto gli analfabeti saranno maggiormente esclusi in un mondo che si serve sempre di più del computer; i poveri avranno un ulteriore elemento di povertà nel non disporre di un computer e non saper usarlo; i disabili avranno una ulteriore barriera fisica in un mondo che comunica tramite una macchina complessa fatta di tastiera, mouse e schermo che per essere utilizzati hanno bisogno di perfetta integrità nella vista, nel tatto e nei movimenti. Attualmente si sta cercando di adattare queste politiche a livello internazionale e inserirle quindi in un contesto di cooperazione allo sviluppo, adeguandole a contesti spesso ben diversi da quello nordamericano.



Secondo molti studiosi, in Italia il Digital divide si manifesta nell'esclusione di milioni di cittadini dal collegamento veloce ad Internet garantito dalla tecnologia DSL, chiamato anche banda larga.

La banda larga, definita alla luce della tecnologia attuale a partire da un valore soglia di 1.2 megabit/sec. non è contemplata né dalla legislazione italiana né da quella europea come obbligo di servizio universale.

La copertura del territorio italiano con accessi a Internet a velocità superiori a 1 megabit/sec. resta al di sotto della media europea (95% di Regno Unito, oltre il 90% in Francia) e di Stati con un territorio più vasto dell'Italia e una più bassa densità abitativa e quindi più piccoli centri da coprire.

In Francia e Regno Unito tale livello di copertura è in buona parte dovuto all'utilizzo diffuso di tecnologie wireless, o di altre quali Reach Extended ADSL2, liberalizzate da alcuni anni, per servire territori rurali in cui la centrale sarebbe troppo distante da molte abitazioni per poter offrire un servizio DSL.

Anche in Italia con i link via wireless sarebbe possibile una copertura totale del territorio, con l'onere di installare un DSLAM in ognuna delle 10800 centrali telefoniche italiane.

A detta di molti operatori nel settore delle telecomunicazioni, la banda larga è un fattore d'importanza strategica per la ripresa di competitività delle imprese italiane, quanto la creazione di una rete di trasporti autostradale e ferroviaria più efficiente. È importante in questo senso l'integrazione fra informatica e logistica, per favorire la circolazione di idee e di merci.

La banda larga è anche una necessità del mondo dell'università e della ricerca scientifica che lavorano su una grande mole di dati e utilizzano la rete come strumento da cui attingere potenza di calcolo.

La recente disponibilità della tecnologia Wimax potrebbe contribuire a risolvere il Digital divide italiano: entro la fine del 2007 sarà avviata la Gara pubblica per l'assegnazione delle frequenze per il WiMAX.


Il problema del digital divide nel mondo


Il problema del digital divide è di per sé già presente all'interno degli stati più sviluppati. Sicuramente però i suoi effetti sono ancor più devastanti all'interno dei paesi arretrati: l'impossibilità d'avvicinarsi alla tecnologia chiude infatti qualsiasi possibilità di recupero economico di questi paesi.


Nell'ambito delle iniziative finalizzate a colmare il divario digitale è stato istituito dall'Assemblea delle Nazioni Unite il Gruppo di Esperti di Alto Livello che ha presentato all'Assemblea del Millennio il primo piano di azione globale finalizzato al superamento di questo divario.


Oggi il significato continua ad essere utile in riferimento alle divergenze interne ai contesti nazionali: ma con la divulgazione delle nuove tecnologie in tutti i settori della nostra quotidianietà e al di là delle geografie nazionali, con digital divide ci si riferisce più comunemente alla dimensione del problema su scala globale, ed in alcuni casi si è esteso il senso al divario nella fruizione più generale di informazione.



La situazione in L'Italia


A detta di molti operatori nel settore delle telecomunicazioni, la banda larga è un fattore d'importanza strategica per la ripresa di competitività delle imprese italiane, quanto la creazione di una rete di trasporti autostradale e ferroviaria più efficiente.


La banda larga è anche una necessità del mondo dell'università e della ricerca scientifica che lavorano su grandi moli di dati e utilizzano la rete come strumento da cui attingere potenza di calcolo.Storicamente, i primi che parlarono di digital divide furono Al Gore e Bill Clinton, quando, all'inizio degli anni novanta, intrapresero una politica di forte sviluppo e potenziamento dell'infrastruttura di internet negli Stati Uniti.


Il concetto di "divario digitale" era riferito alla difficoltà di accesso a internet in determinate zone del paese (difficoltà intesa anche sotto l'aspetto dei costi).In quegli anni internet esplode come fenomeno di massa e diventa sempre di più un mezzo di lavoro e di business: non essere connessi alla rete (o non avere gli strumenti cognitivi per farlo), significa quindi essere relegati ai margini della società. Nascono così vari progetti per colmare il divario digitale americano nell'amministrazione Clinton.


Con il passare del tempo, la "rivoluzione internet" inizia a interessare un po' tutto il mondo industrializzato e queste tematiche cominciano ad essere sentite anche in altri paesi fino a raggiungere anche il sud del pianeta.


Per inquadrare correttamente il digital divide nei paesi in via di sviluppo dovremmo inserirlo come l'ultimo dei tanti "divide" che riguardano determinate aree: povertà, sfruttamento delle risorse ad opera di multinazionali, mancanza di energia elettrica, problemi politici, mancanza di istruzione, degrado.


In ambito internazionale, negli ultimi anni si stanno elaborando moltissimi progetti su queste tematiche a livello governativo.In ambito non governativo, molte ONG e Associazioni - soprattutto anglosassoni - si stanno occupando del problema, con attività che vanno dalla alfabetizzazione informatica al reperimento di macchine, dal supporto a grandi progetti di informatizzazione alla creazione di portali specifici dedicati a queste tematiche.

Cosa fare?

L'idea è quella di formare una community in grado di discutere problemi generali relativi a queste problematiche, ma anche di dare indicazioni tecniche e lanciare una serie di progetti specifici su queste tematiche. Sul Pluto è stata aperta una mailing list (alla quale chi vuole iscriversi è il benvenuto), pluto-ddivide, che cercherà di fare da collettore di tutto ciò.


Parlare di tipi di applicazioni, di progetti di alfabetizzazione informatica, prendere contatti con associazioni, ONG, centri di eccellenza nei paesi in via di sviluppo per lavorare insieme su progetti che vedano nel software libero un mezzo di diffusione di tecnologie sostenibili potrebbe essere un inizio.


La connettività, ma non solo: l'informatica, le applicazioni, la lingua e tanti altri aspetti legati allo sviluppo tecnologico.

Digital divide

Cos'è il digital divide?

Per Digital Divide si intende alla lettera divario, divisione digitale: esso viene inteso come mancanza di accesso alle nuove tecnologie di comunicazione da parte dei paesi meno industrializzati. Da qualche anno ormai si parla di questo argomento e, con il passare del tempo, riguarda aspetti sempre diversi delle nuove tecnologie e non solo: molti sono gli aspetti anche sociali della questione.

La tecnologia non dovrebbe servire a creare dei bisogni indotti in questi paesi (computer sempre più potenti, connettività ultraveloce, nuove release di programmi dei quali si sfrutta l'1% delle capacità, etc.), ma a farli sentire partecipi e in grado di creare uno sviluppo tecnico più adeguato alle loro reali esigenze.

Un paradigma tecnologico non sostenibile può creare molti problemi che - tra l'altro - potrebbero ritornarci indietro amplificati (come ad esempio i problemi ambientali). Nell'ambito dell'informatica e delle nuove tecnologie, il paradigma tecnologico più sostenibile è sicuramente quello legato al free software.
Il modello cooperativo a cui fa riferimento, la possibilità di personalizzare per le diverse esigenze i software e la possibilità di partecipare attivamente all'innovazione entrando nel merito delle cose trattate sono alcuni dei suoi punti di forza. Se la strada per affrontare il problema sarà questa, allora non saranno soltanto i paesi in via di sviluppo a trarne benefici diretti, ma anche tutta la comunità a livello mondiale.

Cosa fare?
L'idea è quella di formare una community in grado di discutere problemi generali relativi a queste problematiche, ma anche di dare indicazioni tecniche e lanciare una serie di progetti specifici su queste tematiche.

Il problema più difficile a oggi sembra essere quello di far incontrare l'esperienza pluriennale nei progetti di cooperazione delle ONG con l'importante bagaglio tecnico della comunità free software.
Se questi due mondi riusciranno ad incontrarsi su dei progetti specifici e a far tesoro reciprocamente l'uno delle esperienze dell'altro, forse si potrà iniziare a vedere un futuro meno cupo per il digital divide, destinato altrimenti a diventare un nuovo e micidiale strumento di colonizzazione.

Fonte:http://www.pluto.it/files/journal/pj0207/Digital_Divide.html
DIGITAL DIVIDE


Il termine Digital "DIVIDE" cominciò ad essere utilizzato dalle amministrazioni americane per indicare la non omogenea fruizione dei servizi telematici tra la popolazione statunitense.
Il problema del Digital divide è di per sé anche presente all’interno degli stati più sviluppati. Sicuramente però i suoi effetti sono ancor più gravi all’interno dei paesi arretrati: l’impossibilità d’avvicinarsi alla tecnologia oggi chiude infatti qualsiasi possibilità di recupero economico di questi paesi. Il DD potrebbe creare differenze non solo nel reddito, ma nell'informazione, cosa che a lungo può creare ben più danni. Il DD oggi viene contrastato attraverso significative attività di riutilizzo dell'
hardware grazie all'installazione di software libero, cioè non solo gratuito, ma anche liberamente e legalmente copiabile e ridistribuibile.
Le
Nazioni Unite si sono mobilitate per il raggiungimento di un obiettivo fondamentale: permettere che l’accesso alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione diventi un servizio a disposizione di tutta l’umanità.


EVENTI:





  1. ROMA
    CONVEGNO
    "Lo sviluppo della società dell'informazione tra esclusione ed opportunità"
    I paesi avanzati stanno basando sempre più i loro sistemi produttivi, amministrativi e comunicativi sulle nuove tecnologie digitali. Ma queste offrono reali opportunità di sviluppo per tutti o costituiranno un ulteriore elemento di distanza tra paesi ricchi e poveri?
    20 e 21 marzo
    Residenza di Ripetta - Via di Ripetta, 231 ROMA


  2. PALERMO
    11-12 aprile 2002
    International Conference "E-government for development".


  3. GINEVRA
    Dal 12 al 15 dicembre 2003 si terranno a Ginevra i lavori del Primo Incontro Mondiale sulla Società dell'informazione, organizzato dall'agenzia delle Nazioni Unite ITU (Information Telecommunication Union).

In Italia il digital divide aumenta implacabilmente rispetto all’Europa. Aumenta insieme agli stipendi e alle stock option dei manager di Telecom Italia. Negli Stati Uniti più del 50% delle famiglie non ha l' adsl, In Italia ci sono zone dove non è coperto neppure il cellulare.
Sono Stati creati anche dei siti come "Anti digital Divide" che serve per venire incontro alle persone e ci sono tecnici che intervengono in vari campi per creare ad asempio la rete per i cellulari o anche l' ADSL.
In Italia sono ben 10 milioni di persone che sono senza banda larga cosi chiamata in internet l' ADSL.

(it.wikipedia.org/wiki/Digital_divide http://www.beppegrillo.it/2007/02/italian_digital_divide.html)